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Il terzo weekend di ottobre siamo tutti attaccati al computer o al telefono, con il fiato sospeso per scoprire, posizione dopo posizione, chi sono i fantastici 100. Quelli che “ce l’hanno fatta”, e sono entrati nella DJ Mag Top 100 Djs. Poi, subito dopo, si scatenano i commenti, tra gli entusiasti e gli incattiviti. Non esiste nemmeno più la frangia degli hater veri e propri. Meno male. Non ce n’è bisogno. Quello è un gioco che sta stancando, se uno ha un minimo di cervello ormai ha capito che il bollo di hater è un’infamia da lasciare ai subumani che si cimentano con il deplorevole razzismo online o con gli insulti ai politici. Roba da poveracci. Qui si parla di musica, divertiamoci, gioiamo, piangiamo, incazziamoci, ma facciamolo sempre come una grande comunità. E dunque, dopo la classifica, arriva il tempo delle analisi e delle impressioni. Le vostre nei commenti, le nostre in via ufficiale.
Tutto il mondo è paese Giusto un anno fa intitolavo il mio articolo “la classifica più interessante degli ultimi anni”, perchè arrivava una ventata di freschezza dal mondo della techno e perchè c’era un numero notevole di dj provenienti da quelle zone del mondo in via di sviluppo, economico e sociale ma anche, di conseguenza, artistico; e mi piaceva l’idea che il benessere di un paese fosse ben visibile anche su una mappa come questa. Stravolgimenti, rivoluzioni. Mai come ora ce n’è bisogno. Invece quest’anno avrei scelto un titolo opposto per sintetizzare questo articolo: “Non è successo niente”. Abbiamo poi scelto di celebrare, giustamente, lo straordinario successo di Martin Garrix, ma resta il significativo dato di una classifica con poche novità. Che significa? Significa che nonostante abbiamo avuto, durante gli ultimi dodici mesi, la netta impressione che il mondo della dance e della club culture si stesse muovendo in una direzione ben precisa, tirando le somme le cose non sono andate proprio così. Techno is the new EDM è stato un po’ il nostro mantra, quest’anno, a vari livelli. Le line up dei festival, l’attenzione mediatica, il sentimento generale ci hanno portato a pensare che questo sarebbe stato l’anno di un ricambio decisivo, anche considerando la spinta che ha portato nel 2017 diversi dj techno in classifica, con una certa evidenza. Invece le novità si sono assestate, e abbiamo avuto un anno davvero statico. Intendiamoci, non è la prima volta che succede. Una decina di anni fa vivevamo la stessa sensazione: resistevano nelle posizioni alte e altissime nomi trance che ormai avevano fatto il loro tempo, mentre sobbolliva la rivoluzione electro e EDM che poi, nel giro di pochissimo, avrebbe scompaginato tutto. Oggi è lo stesso, con la differenza che ci aspettiamo che i cambiamenti avvengano in tempi brevi, perchè viviamo vite velocissime e riflettiamo questa rapidità nelle aspettative di tutto ciò che si può cambiare con un click, come una votazione di questo tipo.
La grande truffa della globalizzazione Le riflessioni che si aprono devono considerare però diversi fattori: innanzitutto, la prospettiva da cui guardiamo le cose. La globalizzazione esiste, è un fatto, da anni, ma se è vero che possiamo bere un caffè da Starbucks o mangiare un panino da McDonald’s a Milano come a New Delhi o in Messico, non significa che vogliamo farlo e che i nostri gusti siano allineati qui o altrove. E la percezione di un Big Mac a Boston è diversa da quella che si ha a Brindisi (era famoso proprio il caso del McDonald’s che aveva chiuso, in Puglia, perchè tutti mangiavano i panzerotti del panettiere lì a fianco). Tradotto: se in Italia Paul Kalkbrenner è il dj che vende più biglietti in assoluto, probabilmente in Cina saranno affezionati ad altri artisti e generi, e in Russia spopolano gli eroi nazionali Swanky Tunes. Uno dei commenti più divertenti che ho letto stamattina è questo: “ormai la DJ Mag Top 100 la fanno con la tombola”, a sottolineare come ai nostri occhi sia improbabile che certi nomi siano molto più in alto di artisti sicuramente più popolari ai nostri occhi. Ma se pensiamo ai bacini di voti proveninenti da certe zone del pianeta, e settiamo la mentalità su una scala globale che può essere lontana da quella che noi diamo per scontata, vedrete che i conti sono molto più logici di quanto pensiamo a un primo sguardo alla classifica. Questione di prospettiva. E questione di fanbase: non è una novità che alcuni dj siano particolarmente legati a questa classifica, e che nel tempo siano nati diversi circuiti nel mondo dance. Perciò, chi ritiene importante esserci allestisce una campagna di voti, investendo risorse pubblicitarie e impegnandosi per farsi votare. E ovviamente tutto ciò porta, spesso, a dei risultati.
Il Gattopardo Il dato che salta all’occhio più di ogni altro, naturalmente, è che nelle prime dieci posizioni non si è mosso praticamente nulla. Sono spariti The Chainsmokers, che non hanno dato al mondo hit significative come negli ultimi due anni, e quindi sono scivolati al 31esimo posto; è entrato invece Don Diablo nella Top 10. Steve Aoki scende all’11esima posizione mentre Oliver Heldens guadagna la nona. Ma sono piccoli cambiamenti, non ci sono nuove entrate vigorose come negli anni in dui deadmau5 si presentava direttamente al numero 11. “Tutto cambi perché nulla cambi” diceva ‘Il Gattopardo’ di Tomasi Di Lampedusa, un romanzo passato alla storia della letteratura italiana. Nulla, o poco, sembra cambiare in questo 2018 in cui si naviga a vista in un mondo che è diventato globale, enorme, assolutamente pop per numeri, pubblico e gigantismo delle produzoni dal vivo. Ma che a questo punto ha bisogno sicuramente di freschezza e di rinnovamento, per non diventare noioso e prevedibile. È un momento transitorio, da qualche parte c’è già una novità forte, siamo sicuri che tra non molto qualcosa succederà.
Le leggende non muoiono mai Tiësto, David Guetta, Armin Van Buuren. Sono i veri miti, i veri monumenti non solo della DJ Mag Top 100 DJs, dove sono presenti da anni e sempre tra i primi dieci. Sono i miti della consolle, sono le figure che hanno portato il mestiere del DJ a un livello davvero superiore, nobile, globale. Ciascuno a modo suo. David Guetta è la popstar; Tiësto l’innovatore che sta sempre al passo coi tempi, e non teme i cambiamenti di genere o di prospettiva; Armin è l’integralista, fedele al suo stile e al suo atteggiamento sempre sobrio. Tanti sono i dj che hanno fatto grande la professione e hanno vinto la Top 100: Paul van Dyk, Carl Cox, John Digweed, Sasha… alcuni di loro sono ancora forti, altri hanno ridimensionato la propria prospettiva, com’è naturale che sia. Tiësto, Guetta, Van Buuren resistono e sono ormai inossidabili. Miti.
Un solo vincitore possibile In tutto questo discorso, non ho ancora nominato il vincitore. Martin Garrix. Perché è quasi scontato che fosse lui il dominatore quest’anno, ancora più che nei due anni passati. Garrix è già leggenda, qualche anno ancora e sarà nell’Olimpo con Tiësto, Guetta, Van Buuren. 22 anni. Ventidue. Già tre volte campione assoluto. Un triplete – per usare una felice metafora calcistica – riuscito a pochissimi prima di lui, e a nessuno prima dei trent’anni. Se pensiamo che Hardwell ha vinto per la prima a 25 anni ed è già in fase di ritiro/arrivederci, Martin è il vero fenomeno dance del presente e del futuro. Uno che a 17 anni ha sparato un game-changer come ‘Animals’ e che pochi anni dopo è già anni-luce lontanto da lì, capace di produrre hit pop con Dua Lipa o Usher, di lavorare con David Guetta o Khalid. Con una lucidità e una visione impressionanti. Martin Garrix è così bravo e così perfetto per il ruolo di poster-boy che ci sembra banale parlarne. Congratulazioni.
Due note a margine Gli olandesi sono da sempre i dominatori della DJ Mag Top 100 Djs. Da Tiësto ad Armin Van Buuren, da Hardwell a Martin Garrix, questo sembra proprio essere il loro campionato. L’industria dance olandese è rinomata in tutto il mondo, ma è giusto sottolineare la loro bravura. Al contrario, siamo alle solite, dolenti note quando si parla di italiani. Tre quest’anno in classifica, e non è male: Marco Carola (presenza molto significativa la sua); Daddy’s Groove (nome ormai veterano della Top 100) e VINAI, straordinariamente in alto alla posizione 26. Ma non basta. Perché l’Italia è ricchissima di talenti, techno, house, EDM, electro… e ci sembra sempre davvero di giocare in Serie B quando vediamo tutta questa creatività non sbocciare nel modo che meriterebbe.
Fonte: DJMagItalia.com
Ecco la classifica finale del 2018: 1. Martin Garrix 2. Dimitri Vegas & Like Mike 3. Hardwell 4. Armin van Buuren 5. David Guetta 6. Tiësto 7. Don Diablo 8. Afrojack 9. Oliver Heldens 10. Marshmello 11. Steve Aoki 12. R3hab 13. Alok 14. W&W 15. Avicii 16. DVBBS 17. Lost Frequencies 18. KSHMR 19. Vintage Culture 20. Eric Prydz 21. Skrillex 22. Fedde Le Grand 23. Ummet Ozcan 24. DJ Snake 25. Quintino 26. VINAI 27. NERVO 28. Headhunterz 29. Angerfist 30. Bassjackers 31. The Chainsmokers 32. Kygo 33. Timmy Trumpet 34. Vini Vici 35. Wolfpack 36. Alan Walker 37. Blasterjaxx 38. Danny Avila 39. Kura 40. Calvin Harris 41. Axwell /\ Ingrosso 42. Diplo 43. Nicky Romero 44. Zedd 45. Alesso 46. Tujamo 47. Yellow Claw 48. Cat Dealers 49. ATB 50. Diego Miranda 51. Above & Beyond 52. Jeffrey Sutorius (formerly of Dash Berlin) 53. Carl Cox 54. Martin Jensen 55. Paul van Dyk 56. Will Sparks 57. Claptone 58. Steve Angello 59. deadmau5 60. Robin Shulz 61. Richie Hawtin 62. Florian Picasso 63. Swedish House Mafia 64. Jay Hardway 65. Miss K8 66. Mike Williams 67. Andrew Rayel 68. Mariana Bo 69. Radical Redemption 70. Brennan Hart 71. Swanky Tunes 72. MATTN 73. Carta 74. Aly & Fila 75. Ferry Corsten 76. Da Tweekaz 77. Breathe Carolina 78. Deniz Koyu // KO:YU 79. Adam Beyer 80. Daddy's Groove 81. Mosimann 82. Tchami 83. Nghtmre 84. DJ L 85. Wildstylez 86. Marco Carola 87. Cedric Gervais 88. MaRLo 89. Deorro 90. Andy C 91. Solomun 92. Lucas & Steve 93. Markus Schulz 94. Bobina 95. Paul Kalkbrenner 96. Alison Wonderland 97. Nina Kraviz 98. Rave Republic 99. Carl Nunes 100. SLANDER
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